mercoledì 23 maggio 2012

del casino dell'essere sole

Sottotitolo "e della convenienza dell'essere papà".
In questo momento della mia vita sono una pila elettrica.
Come suol dirsi, mi tengo sui nervi.
Mi sento come, avete presente quelle scatole che le apri e una molla fa uscire un pupazzo? Ecco.
Io sono il pupazzo (magari vestita un pò meglio, ma pur sempre a molla).
Come mai?
Perchè sono pressata come una sardina in una scatola,
come una gallina da uova in una batteria,
come un passeggero in una metro nell'ora di punta.
Insomma, sono una donna sola, con mille cose a cui pensare.
Dov'è la novità?
Io sono semplicemente una delle tante, è ovvio, ed è a queste tante che vorrei chiedere:
come vi sentite?
Non siete stanche?
Quand' è che è abbastanza?
Quando si acquisisce il diritto alla leggerezza?
Ma soprattutto, oltre alla genetica differenza del portare in grembo/partorire/allattare, dov'è la differenza tra l'essere una madre e l'essere un padre?
Di cosa vanno ringraziati gli uomini che si occupano dei figli?
Stamane in una conversazione con una collega, anche lei  mamma separata,
mi si è gelato il sangue nelle vene a sentire:
"Nono, ma lui è un padre molto presente.Tipo oggi li va a parendere a scuola e li porta in piscina"
Anvedi che padre!
Bravissimo, addirittura fai 2 cose!
Siamo a questo, nel 2012, noi donne siamo ancora a questo.
A ringraziare gli uomini di essere 1/4 di quello che siamo noi.
Le mie conversazioni con il padre di mia figlia stanno diventando surreali,
dalla nostra separazione ad oggi non abbiamo mai avuto problemi di alcun genere,
a parte brevi momenti passeggeri, con il risultato che il mio fegato è spappolato,
ma mia figlia è splendida, e ciononostante,(o forse proprio per questo) tutto è divenuto dovuto.
La frase migliore è stata "si sa che i figli seguono le mamme".
Traduzione: sono affari tuoi come ti organizzi.
Ho girato e rigirato le possibili soluzioni,
compresa la violenza fisica e la via per uscirne qual'è?
Solo strategie che farebbero male a mia figlia,
che le toglierebbero quel minimo di presenza della quale gode.
Chi sa come se ne esce?



4 commenti:

  1. Anni fa mi incazzai notevolmente con l'asilo dei miei figli, che su un questionario molto politically correct chiedeva: "il padre è collaborativo?"
    Come se fosse scontato che il questionario l'avrebbe compilato solo la madre, come se la collaborazione di un padre fosse una sorta di miracolo.
    Se ci penso mi incazzo ancora, perché la realtà è spesso ancora questa.
    Però credo che nel tuo caso il primo ad avere qualcosa in meno è proprio lui. Avrà un legame più debole, più superficiale, avrà capito meno cose, sarà meno ricco interiormente. Tu avrai tanta fatica in più, ma anche tanta tanta soddisfazione. Come se ne esce? Concentrati solo su te stessa e su tutte le cose belle che stai vivendo e vivrai - solo tu - con tua figlia.
    Il resto non conta. Un abbraccio.

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  2. Io sono molto orgogliosa di mia figlia, della sua intelligenza e anche della fiducia che nutre nei confronti del mondo. Sono sicura che sia il frutto di un paziente e naturale lavoro di vicinanza portato avanti da me e soprattutto dalla mia famiglia.
    Cio non toglie, che noi donne in testa e la società in generale dovremmo provare a chiedere meno a noi stesse e iniziare a pretendere considerazione per quello che facciamo. E quello che facciamo, lo ripeto con forza prima a me stessa, non necessariamente è sempre DOVUTO!

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    1. No, di dovuto infatti c'è solo il rispetto per noi stesse.

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  3. http://genitoricrescono.com/genitori-che-spariscono/

    Condivido e diffondo volentieri le ossevazioni come sempre pertinenti di Genitoricrescono.

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